La vitalità onirica del reale. Gino Rossi a Ca’ Pesaro, un grande ritorno |
di Luisa Turchi | |
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Pittore antiaccademico e di radice espressionista, non è “senza memoria” in quanto a formazione cosmopolita ma capace di distinguersi in un proprio itinerario artistico, connotato a tratti da viva originalità.
Porta in sé, interiorizzati, gli insegnamenti del pittore russo Vladimir Šereševskij, i viaggi in Francia e nei Paesi Bassi, l’influenza di artisti come Anglada, oltre a Gauguin e Serusier, Emile Bernard e Van Gogh. Ritornato in Italia partecipa alle innovatrici mostre capesarine curate da Nino Barbantini, direttore della Galleria d’Arte moderna e Segretario dell’Opera Bevilacqua La Masa a partire dal 1910, accanto ad Arturo Martini, Boccioni e Moggioli.
Nel gesto e nell’espressione, Gino Rossi, dal tratto segnico deciso e al contempo morbido, tra linee spezzate e ondulate, e nei cromatismi materici esasperati nei toni caldi e freddi, emerge con temi che si riallacciano a un primitivismo arcaico d’impronta bretone rielaborato anche nel contesto italiano: l’isola di Burano dove si ritira a vivere diventa, infatti, la sua nuova Bretagna, che dipinge con slancio e perseveranza, come poi farà con i paesaggi asolani.
Nella ritrattistica di Gino Rossi affiora la sua anima inquieta e senza sconti, che però per contrasto si intuisce solamente poiché non riesce a esplicitarsi, rimanendo prigioniera nei tanti volti senza parole degli umili, come i pescatori, che compaiono nelle sue tele dai volti abbozzati nei lineamenti marcati.
La sua arte in parte sofferta e incupita, in cui si legge un senso di attesa e di solitudine nella sospensione temporale, nonostante non possa essere ridotta esclusivamente solo a questo è, probabilmente, anche prima del manifestarsi della malattia, l’incostante ricerca e desiderio di una via di fuga dall’esistere in una realtà onirica e personale.
Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna - Venezia |